Catanzaro, l’Olimpo è qui | Identità Golose
Nel ristorante di Claudio Villella, all’interno dell’hotel Perla del Porto. Un sunto nel piatto della Calabria più schietta
Claudio Villella, classe 1974, è uno chef che “cucina” la Calabria e le fa parlare una lingua universale, caratterizzata dai suoi ingredienti di eccellenza, esaltati da fantasia e tecnica che s’affinano solo esplorando il mondo. Ed è proprio quello che ha fatto Claudio, nato a Catanzaro, appassionatosi sin da bambino alla cucina di mamma ed all’orto di papà che già conosceva le meraviglie del chilometro zero. “Sono stato un bimbo fortunato – spiega – e forse è anche per questo che quando cucino mi piace far tornare bambini i miei ospiti, facendo loro scoprire il piacere e lo stupore di un gusto nuovo. Per me cucinare non è solo un lavoro, è la mia passione infinita. Talmente grande che cucinerei anche i sassi”.
Sorride Claudio, ma è proprio così. Dopo la scuola alberghiera frequentata a Paola, inizia il suo percorso di esperienza che nel 1995 lo porta in Piemonte dove avvia la carriera, prima alla Vignassa, a Pino Torinese, approfondendo la cucina classica piemontese e, sotto la guida dello chef Roberto Mior, inizia a sperimentare un’interpretazione più leggera e più mediterranea della cucina tradizionale. Nel 1999 entra nella brigata della Smarrita, e trova i suoi mentori: Moreno Grossi e Luca Casadio, che lo guidano in un percorso negli staff nella Auberge de la Maison di Courmayeur, a la Marisquerie nel quadrilatero romano in qualità di chef, La Cave du jour di Torino e al Sottovento di Portocervo.
Quando nel 2003 torna in Calabria ha un bagaglio di esperienza e un solo obiettivo: fare cucina di qualità valorizzando le eccellenze calabresi. Villella si definisce uno chef artigiano proprio perché la sua cucina la vuole costruire in prima persona dalle fondamenta, andando lui stesso a cercare tutto il buono della sua terra. “La mia cucina – sottolinea – ha un’identità ben precisa, rivendico le mie origini e nelle mie radici c’è tutto quanto voglio esprimere. Per questo il mio essere chef inizia dal contatto con i produttori e dalla scelta della materia prima. Vado a scoprirli, a vedere come lavorano, come allevano, se hanno la mia stessa idea integra di Calabria. Ci scambiamo consigli, ci incoraggiamo reciprocamente. Fiducia e amicizia sono qualità indispensabili per mettere il timbro su una cucina di valore e di valori”.
Villella si fa subito notare alla Taverna di Era a Cosenza, poi per 5 anni firma i menu al ristorante del Palazzo delle Clarisse di Amantea. Dal 2010 con Marco Ferrini investe tutto se stesso in Calabria al Cubo, un ambizioso progetto gastronomico che parte dalla produzione delle materie prime per includere la loro trasformazione, fino ad arrivare alla ristorazione vera e propria, conquistando per 3 anni consecutivi la chiocciola, il più alto riconoscimento di Slow Food.
Dal 2017 è tornato al comando di una brigata a Catanzaro Lido al ristorante L’Olimpo all’interno dell’hotel Perla del Porto, uno splendido 4 stelle affiliato alla Best Western, aperto con grande intuito imprenditoriale dalla famiglia Rotundo. “Un’intesa perfetta tanto con il proprietario Luigi tanto con suo figlio Fabio, il direttore – spiega Claudio -, parliamo lo stesso calabrese, vogliamo le stesse cose. Progettiamo e cresciamo insieme”. Villella è proprio come lo vedi: passionale, diretto, genuino. Che poi, a pensarci bene, sono le caratteristiche dei suoi piatti: passionali, diretti, genuini. “Io sono quel che cucino – scherza Claudio -. Fatico a dirti il piatto che più mi rappresenta, ma non ho dubbi sull’ingrediente che non userò mai, neppure sotto tortura. Non ridere, ma è la ‘nduja. Troppo scontata, troppo abusata: il suo piccante oscura tutto il resto”.
Claudio utilizza solo prodotti di stagione ed esclusivamente le migliori espressioni del territorio e così, in alcuni casi, i confini si oltrepassano. “I pistacchi – rimarca – non possono essere che quelli di Bronte, così come le nocciole sono solo piemontesi. Ma il mio essere calabro è la mia essenza. La nostra regione gastronomicamente è sottovalutata ed inesplorata, io cerco di farla conoscere. Da me i funghi porcini sono quelli di Reventino, i tartufi del Pollino, il riso Carnaroli di Sibari, lo zafferano è quello del Re, la liquirizia è solo calabra. E poi c’è il mare, il Tirreno e lo Ionio che trascinano la mia ispirazione, che è tecnica ma anche istinto. Il tonno di Alalunga, la capasanta, la ricciola, la gallinella di mare ed anche il pesce spada che non banalizzo mai. Quando mi voglio divertire uso il riso, per me è come una tavolozza bianca. Non temo i contrasti e così scopri che la liquirizia sul riso non è buona, ma fantastica. La mia Calabria parla nei piatti, lontano dai luoghi comuni, valorizzando ogni ingrediente ed utilizzando spesso più tecniche di cottura”.
E così il Ristorante L’Olimpo diventa la casa amica non solo per la clientela business che frequenta l’hotel ma anche per il turista che vuole impreziosire il proprio itinerario con un viaggio nella Calabria della tradizione gastronomica riletta con un’interpretazione contemporanea che, per esempio, toglie grassi ma aggiunge delicatezza ai sapori. Un percorso tra terra e mare, servito con sorrisi e competenza ed esaltato dall’eleganza di una sala elegante, illuminata dal bianco e dalla vista sul golfo di Squillace. “I miei menù cambiano spesso e sono rigorosamente figli della stagionalità. – spiega lo chef calabro .- Credo che la mia regione meriti tanto e tanto abbia da offrire. Io ne sono profondamente innamorato e l’amore può tutto”.
Incuriositi da tanto entusiasmi, abbiamo voluto andare dritti al cuore di Villella con il suo menu degustazione, offerto a 55 euro, completo di entrée e di dolci. Un prezzo più che onesto per piatti che non cedono ad alcun compromesso in fatto di freschezza e di genuinità. Tutto scelto e presentato con cura, con una predilezione per il pesce che se non è di qualità non ci sono magheggi a renderlo accettabile. Villella si sbizzarrisce in fatto di scelte del pescato, ma anche in accostamenti e cotture frutto di ricerca ed appassionante sperimentazione.
Te ne accorgi subito quando per entrée arriva una seppia cotta sottovuoto a bassa temperatura in salsa di pizzaiola. Anche gli antipasti profumano di mare: un pesce spatola in olio cottura, la “casalinga” melanzana Lady violetta e la liquirizia che non ti aspetti. Ma c’è anche il tonno alalunga, servito con pane biscottato e pomodoro giallo di Maida candito. Facciamo il bis con il cestino di pane e focaccia, tutto artigianale, preparato quotidianamente sin dalla colazione dell’hotel. Anche il primo piatto, lo Spaghettone dei poveri, è impreziosito da gallinella di mare e bottarga di tonno di Vibo Valentia. Tocca invece alla cernia “firmare” la seconda portata accompagnata da marmellata al limone, scarola, aglio, olio e peperoncino. I dolci sono un acquarello di colori in monoporzioni e sorridi solo a guardarli: tortini, semifreddi e mousse fantasiose, con biscuit e confetture audaci, come quella al peperoncino. Buona la carta dei vini, tutti piccoli produttori che, come Claudio, parlano il calabrese. E, come lui, scalano L’Olimpo.
L’Olimpo
via Martiri di Cefalonia 64
Catanzaro (Catanzaro)
+390961360325
Menu degustazione: 55 euro
Chiuso domenica sera e l’intero lunedì. A pranzo aperto solo su prenotazione
Fonte: https://www.identitagolose.it/sito/it/44/26792/dall-italia/catanzaro-l-olimpo-qui